Gustav Klimt è uno dei pittori austriaci più amati del primo Novecento. La sua opera più famosa, “Il bacio”, divenuta un’icona dell’Austria, affascina e commuove chi la guarda. Ogni mostra dedicata a questo pittore è un successo garantito, anche in Italia.
Di lui e delle sue opere credevamo di sapere tutto. Invece non è così. Di recente è venuto alla luce un altro suo capolavoro che tutti credevano scomparso: il ritratto di Henriette Lieser, cognata del committente Adolf Lieser, industriale ebreo appartenente all’alta borghesia viennese. Klimt lo aveva dipinto nel 1917, ma non era riuscito a finirlo, colpito da un ictus nel gennaio dell’anno successivo e poco dopo deceduto per una polmonite contratta nell’ospedale dov’era stato ricoverato.
L’opera, che comunque appariva quasi completata, era stata consegnata ai Lieser e si è certi che fosse rimasta in loro possesso almeno fino al 1925. Lo sappiamo perché l’unica foto finora disponibile del dipinto, in bianco e nero, è tratta da un negativo conservato nella Nationalbibliothek, che porta la data di quell’anno e l’indirizzo in Argentinienstrasse 20, dove i Lieser avevano il loro palazzo.
Dal 1925 in poi di “Fräulein Lieser” (questo il nome dato al dipinto) non si era saputo più nulla, fino a qualche mese fa, quando la casa d’aste “im Kinsky” di Vienna ha annunciato che avrebbe venduto l’opera all’asta il 24 aprile prossimo. Un annuncio a dir poco clamoroso, tanto che alcuni giornali hanno parlato di evento del secolo nel campo dell’arte.
L’attuale proprietaria è una donna che due anni fa l’aveva ereditata da un parente, che a sua volta ne aveva acquisito la proprietà nei primi anni ’60. E prima per quante e quali mani era passata “Fräulein Lieser”? Le ricerche effettuate non hanno fornito risposte definitive. C’è un vuoto di quasi mezzo secolo nel quale l’Austria ha conosciuto l’Anschluss e l’avvento del nazismo, con la conseguente confisca di tutti i beni appartenuti a famiglie ebree.
Non ci sono prove certe che anche il ritratto di Henriette Lieser fosse finito nelle mani dei predoni con la svastica, ma è probabile che le cose fossero andate proprio così. Adolf Lieser, l’ebreo che aveva dato incarico a Klimt di fare il ritratto alla cognata era morto di vecchiaia nel 1919, ma la cognata, molto più giovane di lui era vissuta fino all’avvento del nazismo e aveva conosciuto i campi di concentramento di Riga e di Auschwitz, dove nel 1943 era finita nella camera a gas.
Anche se non vi sono prove che il ritratto di Klim sia stato confiscato dai nazisti, l’attuale proprietaria ha ottenuto comunque che all’opera fosse applicata la cosiddetta “legge sulle restituzioni”. Che cosa significa? Che all’opera sono applicabili i cosiddetti “Washington Principles”, i principi della Convenzione di Washington sulle opere d’arte confiscate dai nazisti, che consente la loro restituzione ai proprietari (o discendenti), ovunque essi risiedano.
Non è una condizione di poco conto. Senza queste regole il ritratto di Lieser potrebbe essere venduto soltanto in Austria, mentre invece all’asta di Kinsky potranno partecipare acquirenti da tutto il mondo, raggiungendo offerte che, si stima, potrebbero arrivare fino a 50 milioni di euro, se non oltre, somme che sul solo mercato austriaco non sarebbero raggiungibili. Per questa ragione la casa Kinsky ha affidato alla banca privata del Liechtenstein LGT (patrimonio amministrato di 306 miliardi) di presentare il dipinto ai suoi danarosi clienti, esponendolo nelle sue sedi in Svizzera, a Londra, a Hongkong e a Tokio.
L’attenzione è ora rivolta all’asta del 24 aprile, che potrà essere seguita in diretta attraverso i canali web. La casa Kinsky è prudente e dichiara che aggiudicarla per 30 milioni sarebbe già un bel successo. Ma c’è chi ricorda la vendita del ritratto di Adele Bloch-Bauer, la “donna in oro”, anch’essa dipinta da Klimt. Nel 2006 fu venduta all’asta per 83 milioni di dollari e quando l’acquirente la rivendette nel 2017 incassò 130 milioni.
NELLA FOTO, la riproduzione in bianco e nero della Lieser di Klimt, tratta da un negativo della Nationalbibliothek che porta la data del 1925, e la recente riproduzione a colori. Fino a pochi mesi fa l’unica documentazione dell’opera era quella immagine in bianco e nero.
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